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ZOOTECNIA
29.05.2025 - 17:39
Consapevole dei tempi che stanno arrivando e delle sfide o iniziative che portano con sé, qualche giorno fa Confagricoltura Lombardia ha organizzato un incontro di aggiornamento sui temi dell’SQNBA e di Classyfarm per allevatori e tecnici della struttura confederale.
A relazionare sull’argomento funzionari e tecnici delle massime espressioni politiche e tecnico scientifiche regionali: dall’assessorato alla Sanità, direzione Unità Organizzativa Veterinaria, all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia ed Emilia Romagna.
Incontro particolarmente apprezzato sul piano tecnico con la prospettiva di migliorare il livello organizzativo e sanitario degli allevamenti con l’adesione a Classyfarm e quello sul benessere animale con le valutazioni SQNBA, in qualche modo figlio di Crenba e con l’avallo di enti di certificazioni accreditati presso il Masaf, con la benedizione di Accredia.
Tutto molto bene? Si, ma non si è parlato di costi. Su chi li dovrà sostenere invece non sembrano esservi molti dubbi: colui che richiede il servizio di accreditamento, cioè l’allevatore.
Ma nel dibattito, che è scaturito dopo le relazioni, è emerso un altro elemento in modo neanche tanto subliminale. Come ha detto Luigi Bertocchi i parametri legati alla qualità del latte e, dunque al suo pagamento, sono piuttosto datati e ormai “raggiunti da quasi tutti”, per cui andrebbero aggiornati per innalzare ancora il livello qualitativo del latte, ed i parametri SQNBA potrebbero rappresentare un nuovo standard, o andare ad aggiungersi a quelli esistenti.
Discorso ineccepibile ma pericolosissimo se non si tiene conto dell’aspetto economico: un “costo certo” di produzione in più per l’allevatore contro un “incerto ricavo”. L’industria o il consumatore sono disposti a coprire a loro volta il maggior costo per acquistare quel prodotto? O ancora peggio: l’industria di trasformazione, pur di acquisire un vantaggio economico credibilmente derivante da una etichetta SQNBA sul prodotto finito, latte, formaggio o burro, farà una selezione sui fornitori obbligandoli a scelte unilaterali?
Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia e allevatore attento al benessere animale e alle questioni ambientali richiesti dal nuovo senso comune, ma anche alla gestione economica degli allevamenti, ha colto perfettamente questo segnale e si è espresso come segue.
«Premetto che sono assolutamente favorevole a considerare il benessere animale come elemento fondamentale nella gestione della stalla, perché mettere gli animali nelle migliori condizioni li porta a esprimersi al meglio come produzione, efficienza, minori problemi e quindi aumenta anche il benessere, non solo economico, dell’allevatore. Sono però un po’ più refrattario verso le certificazioni. Ricordo che, quando ero in consiglio dell’Apa di Milano, il funzionario regionale che ci seguiva diceva sempre “non può esistere una certificazione senza un ritorno economico”. Le certificazioni che abbiamo visto in questi anni hanno portato a un aggravio di costi burocratici, che all’inizio hanno magari dato un piccolo beneficio economico, trasformandosi, poi nel tempo, in un innalzamento degli standard produttivi, alzando la soglia della qualità richiesta a noi allevatori, facendo diventare il prodotto certificato lo standard produttivo minimo. È veramente il consumatore che ci chiede questo innalzamento di livello qualitativo o sono altri anelli della catena che sono interessati? E sugli scaffali della Gdo i prodotti che hanno queste certificazioni costano più dei prodotti che ne sono privi, e quanto remunerano in più il nostro lavoro? Esistono certificazioni virtuose che sono alla base di importanti filiere, vedi quella del Grana padano, in cui il ritorno economico sta portando concreti benefici. Sono convinto che si debba investire in formazione degli allevatori, con tecnici preparati, che seguano le aziende, facendo vedere come debbano essere fatte le scelte aziendali per garantire reddito, benessere, efficienza e in informazione verso i consumatori con l’aiuto di giornalisti obiettivi e divulgatori scientifici per far capire che l’innovazione, il nostro lavoro sta andando nella direzione di un cibo sano, sicuro e sufficiente. Comunque, al di là di queste considerazioni, come Confagricoltura Lombardia, ci stiamo impegnando sul piano tecnico sindacale per modificare diversi passaggi " difficili e problematici " per le nostre aziende che potrebbero trovarsi in grande difficoltà se le considerazioni di cui sopra non venissero adeguatamente soppesate e valutate nei loro effetti collaterali per l’intera filiera».
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