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Pioppicoltura
19.04.2023 - 19:36
La pioppicoltura: attività economica con valenza ambientale e paesaggistica
Oggi, in tema di siccità imperante parlare di rischio alluvioni potrebbe fare sorridere. Ma in realtà si tratta dell’altra faccia della medaglia del cambiamento climatico, come sempre più spesso viene dimostrato dai disastri alluvionali che si generano in occasione delle piogge battenti e violente che causano fenomeni di frane torrentizie lungo corsi d’acqua in genere di scarsa portata. Come ci ha ricordato Fabio Boccalari, presidente nazionale dei pioppicoltori, riportando alla memoria il disastro che avvenne una quindicina di anni fa in provincia di Alessandria, dove il greto del fiume antropizzato causò ingenti danni.
O come ha ricordato un pioppicoltore storico della provincia di Cremona, Pierluigi Gerevini, in un suo intervento a seguito di un incontro promosso in comune di Cremona in cui si discuteva del progetto di stanziare 350 milioni di euro per la rinaturalizzazione di aree golenali del fiume Po.
Oggi è dimostrato che se si vuole eliminare o ridurre fortemente il rischio di gravi danni a seguito di forti eventi alluvionali é certamente indispensabile evitare le costruzioni nei greti dei torrenti e la rinaturalizzazione nelle aree golenali dei fiumi. La soluzione migliore è la piantumazione dei pioppi in sesto ordinato.
Lo ha ricordato Pierluigi Gerevini nel suo citato intervento: “Ad avvalorare l’importanza di questa coltivazione in queste aree è intervenuto in passato uno studio del 1986 finanziato dal Ministero dell’agricoltura che, avvalendosi della partecipazione di agronomi e ingegneri idraulici, stabiliva che il deflusso ideale delle acque in caso di piena è garantito non da terreni liberi da coltivazioni né tantomeno da ingombri da vegetazione naturale non manutenuta, bensì da coltivazioni arboree con sesto di impianto regolare”.
Anche il presidente dei pioppicoltori, Fabio Boccalari, condivide questo concetto citando la legge Serpieri: “Si è trattato della prima regolazione legislativa dei boschi a livello nazionale ed è tutt’ora la base della legislazione forestale italiana. Il contributo dei boschi è determinante anche in tema di siccità con il mantenimento di una certa quota di umidità a livello del suolo. In un recente convegno è stato evidenziato come il bosco gestito porta ad un maggior controllo non solo della siccità ma anche delle emissioni in atmosfera, grazie alle funzioni della fotosintesi, ma anche ad un controllo delle infestanti e a favorire il normale deflusso delle acque in caso di alluvioni. Funzioni queste che sono state dimostrate scientificamente con l’applicazione di modelli matematici applicati ai casi oggetti di studio”.
Ma poi correlati alla pioppicoltura, oltre alla sua valenza ambientale, vi sono anche altri aspetti non secondari: economico e paesaggistico.
Per il primo, ricorda Boccalari, stiamo importando più di un milione di metri cubi di legname l’anno mentre abbiamo tutte le condizioni per potercelo produrre in autonomia con impianti a pioppo nelle golene e lungo i corsi d’acqua. Sarebbe una risorsa importante per la bilancia commerciale del nostro paese. “Attività che potrebbe essere condotta sotto il controllo e la supervisione dell’Istituto di Casale Monferrato del Ministero dell’Agricoltura, inclusa la certificazione sulla applicazione delle regole per la coltivazione sostenibile che già oggi stiamo applicando”.
L’aspetto paesaggistico dei corsi d’acqua contornati da filari di pioppi o delle aree golenali con i pioppeti fa parte della storia della pianura padana come dimostrano la letteratura, il cinema o per andare ancora più indietro nel tempo la produzione artistica pittorica.
Oggi dopo un periodo negativo la pioppicoltura è in leggera ripresa. Dal censimento agricolo del 2010 vi erano coltivati a pioppo circa 140mila ettari, scesi a 38-39mila negli ultimi anni e oggi risaliti a 50-60mila anche se non sono ancora noti i dati del censimento 2020. I prezzi del pioppo sono risaliti negli ultimi anni di circa il 40% e anche se si tratta di un ciclo produttivo piuttosto lungo senza che siano previsti specifici aiuti, se non un piccolo contributo all’impianto, la risalita può essere significativa.
“Del pioppo non si butta via nulla, dice Boccalari, si utilizzano per diversi impieghi le radici, i fusti, i rami e le ramaglie”. Il che, insieme alla sua valenza ambientale, ne fa una coltivazione insostituibile e non ha accesso nemmeno ai contributi della Pac perché nel Nord Europa è assimilata alle foreste mentre da noi è attività agricola.
Per queste ragioni Pierluigi Gerevini nel suo intervento ribadiva la necessità di evitare costose e pericolose rinaturalizzazioni in aree golenali mentre auspicava il rinnovo delle concessioni demaniali a favore della pioppicoltura.
In fondo non si chiede nulla alla politica se non un sostegno relativo alla promozione della pioppicoltura, attività economica e dalla forte valenza ambientale e paesaggistica.
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