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Zootecnia
15.11.2023 - 12:08
La zootecnia in montagna soffre per l'aumento dei costi energetici
La zootecnia di montagna è da qualche tempo in forte difficoltà. E’ quanto emerso nel corso del forum organizzato da Alleanza cooperative agroalimentari tenutosi a Bergamo in occasione della rassegna fieristica specializzata dedicata ai formaggi “Forme”. Forum che ha visto la partecipazione del sottosegretario del ministero dell’agricoltura Luigi D’Eramo.
Iniziativa giunta alla seconda edizione dopo che lo stesso tipo di allarme era stato lanciato lo scorso anno.
Solo nell’ultimo anno in Alto Adige hanno chiuso centocinquanta stalle. In Lombardia sono a rischio oltre 500 piccole aziende agricole nelle zone montane che sopravvivono oggi solo grazie alle cooperative di raccolta latte.
Molti i fattori che hanno portato a questa drammatica situazione: i costi di produzione mediamente più alti rispetto alle aziende che operano in pianura, il peso della burocrazia, le ricadute delle nuove normative sul benessere animale, le questioni ambientali e non ultimo la pressante questione del ricambio generazionale.
“I costi di produzione per aziende di 20-50 capi sono sempre più insostenibili, ha informato Giovanni Guarneri coordinatore del settore lattiero – caseario di Alleanza cooperative agroalimentari. A pesare maggiormente è il costo energetico, in particolare il gasolio agricolo: una cooperativa per raggiungere tutte le stalle in ogni singola vallata percorre ogni giorno diverse decine di chilometri con i camion di raccolta latte”.
Il direttore della latteria sociale Valtellina ha relazionato sul grande tema del ricambio generazionale. “Quando una stalla entra in difficoltà molto spesso non resta che chiudere perché non c’è nessuno disposto a scegliere la professione di allevatore rischiando di intraprendere un’attività su cui pesano non poche incognite”.
Infine il presidente della cooperativa Trentingrana, Stefano Albasini, che è anche il coordinatore del gruppo di lavoro sulla zootecnia di montagna, ha posto l’accento sulle nuove norme dell’Unione europea che non fanno altro che complicare un quadro già molto difficile. Le proposte della commissione europea, prevedono al momento che per essere a norma , le aziende anche le più piccole , debbono allevare il bestiame in strutture aziendali a stabulazione libera. Ciò comporta costi altissimi specie per quelle piccole imprese di montagna che non superano i 20-30 capi e che rischiano di non sopravvivere perché adeguarsi alla stabulazione libera richiederebbe spazi più ampi e diversi investimenti che una piccola azienda non riuscirebbe a sostenere.
Dunque problemi di non facile soluzione che gravano su una delle attività più tipiche dell’uomo in ambienti alpini e che sono in grado anche di apportare notevoli benefici all’ambiente, alla manutenzione del territorio e alla socialità dei luoghi.
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