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Dop e Feed economy, trainanti per l'agroalimentare nazionale

Il ruolo della cooperazione nella stabilizzazione del comparto lattiero caseario

Prodotti lattiero caseari di qualità

Dop e Igp, trainano produzioni ed export, il ruolo della mangimistica

A confermare il ruolo nel panorama economico nazionale dell’agroalimentare italiano i dati pubblicati da ISMEA – Qualivita nel suo XXII Rapporto su prodotti di qualità dell’area DOP e IGP e quelli presentati nel corso dell’assemblea di Assalzoo. Aspetto economico del nostro sistema agroindustriale che troppo spesso viene sottaciuto. Eccone una sintesi piuttosto significativa.

Il sistema della Dop economy italiana si fonda su 317 Consorzi di tutela autorizzati dal Ministero dell’agricoltura, oltre 194.000 imprese delle filiere cibo e quasi 850.000 occupati.

Secondo il report Ismea – Qualivita la Dop economy italiana, malgrado le varie criticità del sistema produttivo agricolo e dei mercati, si mostra in buona salute: 20,2 miliardi di euro di valore alla produzione nel 2023 (+0,2% su base annua), crescita del +52% in dieci anni e un contributo del 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano.

Cresce del +3,5% il comparto del cibo che supera per la prima volta i 9 miliardi di euro, mentre il vino imbottigliato frena sia come quantità (-0,7%) che come valore (-2,3%) e si attesta su 11 miliardi.

Bene l’export, con un valore di 11,6 miliardi e con trend positivo nei Paesi UE. Le esportazioni del comparto DOP IGP confermano un valore di 11,6 miliardi (-0,1% sul 2022) e un trend del +75% in dieci anni.

La Dop economy del cibo cresce per il terzo anno di fila e nel 2023 raggiunge 9,17 miliardi di valore alla produzione (+3,5% la crescita annua, +44% il trend dal 2013) per un fatturato al consumo finale che sfiora i 18 miliardi di euro (+3,6%). Bene soprattutto i formaggi (+5,3%), come già lo scorso anno, che per la prima volta sopra i 5,5 miliardi di euro e con la produzione più alta degli ultimi cinque anni.

A corredo di questi dati sulla Dop economy, quelli presentati da Assalzoo, che testimoniano l’esistenza di una filiera alimentare di grande qualità e di grandissima rilevanza economica.  Emergono numeri del report economico sulla FeedEconomy promosso da Assalzoo (Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici), in collaborazione con Nomisma: 150 miliardi di euro il valore economico complessivo e oltre 840mila aziende coinvolte. Questo numero è la risultante della parte più propriamente produttiva (agricoltura, trasformazione industriale ed export) e della spesa delle famiglie per l’insieme dei prodotti di origine animale.

Con il report Assalzoo si conferma l’importanza della scelta strategica di introdurre una categoria economica che restituisca complessivamente il ruolo che la mangimistica svolge nella filiera alimentare italiana. La FeedEconomy definisce appunto questo filo rosso che lega l’alimentazione zootecnica al consumatore finale.  

La FeedEconomy è l’economia derivante dal feed, il mangime. In questa prospettiva, la mangimistica è lo snodo principale di una catena produttiva molto articolata che lega la produzione primaria agricola, l’allevamento, la trasformazione industriale e i servizi commerciali, fino ai consumi delle famiglie.

La FeedEconomy italiana ha un giro d’affari complessivo di 150 miliardi di euro e coinvolge oltre 840mila aziende. Il dato è la risultanza della somma del giro d’affari delle varie componenti di filiera: la componente agricola dedicata all’alimentazione animale, che con 24,354 miliardi rappresenta il 37% del totale agricolo; la produzione alimentare legata alla zootecnica, che con circa 54,937 miliardi di valore rappresenta il 39% della produzione complessiva; la componente di export, che pure contribuisce alla bilancia commerciale con l’estero, per 10,9 miliardi di euro (comprendente materie prime agricole, mangimi, capi vivi, carni fresche e salumi, prodotti lattiero-caseari) pari a circa il 18% del totale.

La spesa delle famiglie si somma alle voci di natura produttiva (agricola, industriale e commerciale) si affianca poi la spesa alimentare degli italiani, altri 59,875 miliardi circa, vale a dire il 38% del totale.  

A completare il buono stato di salute dell’agroalimentare italiano un ulteriore studio di Nomisma condotto per Alleanza delle cooperative italiane relative al comparto lattiero caseario. Queste cooperative hanno mostrato una grande capacità di adattamento al mutare dei contesti di mercato mantenendo intatto il loro ruolo mutualistico.

Oggi il 63 % del giro d’affari cooperativo lattiero – caseario è sviluppato dalle top 25 cooperative e fra le top 20 imprese del settore lattiero – caseario 7 sono cooperative o appartengono a gruppi cooperativi. Nel periodo 2013-2022 le cooperative lattiero casearie hanno consolidato un incremento del fatturato del 52 % in linea con quello registrato dalle imprese di capitali del 59 %. Per gli allevatori la garanzia del ritiro della materia prima è una sua equa retribuzione hanno consentito un consolidamento del loro tessuto produttivo sul territorio. Il prezzo di liquidazione del latte alla stalla si mantiene stabilmente, alcuni anni a questa parte, superiore al prezzo di mercato che, nonostante alcune oscillazioni, ha raggiunto anche il 30 % in più.

 

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