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Sindacale
11.10.2024 - 10:36
Le emissioni in atmosfera ascrivibili all'agricoltura non sono le principali e vanno diminuendo
L’agricoltura, nel complesso delle sue attività, viene spesso chiamata ina causa come principale responsabile dei maggiori fattori di inquinamento e di emissione di gas a effetto serra. La realtà non è così ed inoltre negli ultimi decenni si è già assistito a sensibili miglioramenti delle emissioni in atmosfera ascrivibili alla attività agricola.
Lo certifica ISPRA che, in qualità di National Reference Centre dell'Agenzia europea per l'ambiente (EEA), realizza l'inventario nazionale delle emissioni in atmosfera che viene correntemente utilizzato per verificare il rispetto degli impegni che l'Italia ha assunto a livello internazionale sulla protezione dell'atmosfera.
Dunque, secondo ISPRA, le emissioni del settore agricoltura contribuiscono mediamente per il 7% rispetto al totale delle emissioni calcolate nel periodo 1990-2021. Dal 1990 al 2005 il settore è passato dal 7% a poco meno del 6% rispetto al totale delle emissioni, nel resto del periodo è stato in leggera crescita, fino al 2019, pari al 7.5% del totale. Nell’anno 2020 il settore è passato all’8.6%, anche a causa del ridotto apporto di altri settori alle emissioni totali. L’anno 2021 torna in linea con gli anni precedenti il 2020. La lieve crescita degli ultimi anni è da mettere in relazione con la progressiva diminuzione delle emissioni nazionali, a partire dal 2005, per misure di riduzione delle emissioni adottate da altri settori, in particolare per quanto riguarda le industrie energetiche e manifatturiere.
Le emissioni del settore agricoltura sono scomponibili in diversi contributi. In dettaglio: la fermentazione enterica, generata dalle reazioni nell’apparato digerente del bestiame (in particolare dei ruminanti), costituisce oltre il 40% in media delle emissioni; la gestione delle deiezioni negli stoccaggi incide per il 20% circa in media; la gestione dei suoli agricoli contribuisce per il 32% in media, scomponibile a sua volta nello spandimento dei reflui zootecnici, per circa il 10% e nell’applicazione dei fertilizzanti (sintetici e organici) e altre fonti azotate, per circa il 22%. La coltivazione del riso contribuisce per circa il 5% e, infine, l’applicazione di urea e carbonati ai suoli e la combustione dei residui agricoli rappresentano circa il 2% del totale del settore. Nel complesso, le emissioni derivanti dalla gestione degli allevamenti contribuiscono per il 70- 75% del totale del settore agricoltura.
La tendenza ad un miglioramento delle emissioni agricole nella Ue viene confermata anche dalla Germania che ha analizzato i dati addirittura dalla fine del 1800.
Da allora le prestazioni produttive degli animali sono aumentate e, mentre le intensità di emissione di metano per la produzione di carne e latte sono diminuite dal decennio 1883 al 1892, questi valori erano superiori ai valori del decennio 1991 al 2020. Sebbene la popolazione umana dell'attuale territorio tedesco sia più che raddoppiata negli ultimi 130 anni, un aumento delle prestazioni degli animali ha consentito la riduzione del numero di ruminanti almeno negli ultimi 35 anni, con conseguente calo delle emissioni di metano. Tale informazione può essere applicata anche da altri paesi con popolazioni umane in costante aumento per bilanciare le emissioni di metano e la produzione alimentare dal bestiame.
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