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Cerealicoltura
20.03.2024 - 09:17
Crotti e Soldi hanno indicato all'assessore Beduschi alcune linee guida per uscire dalla crisi della cerealicoltura
Riccardo Crotti, presidente di Confagricoltura Lombardia, ha lanciato un accorato appello all’assessore all’agricoltura e sovranità alimentare di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi, sulla crisi della cerealicoltura.
“Si tratta di una crisi che rischia di diventare strutturale, sostiene Crotti, perché riguarda sia le quotazioni dei principali cereali impiegati per l’alimentazione umana che per quella animale, e se non si prendono adeguate contromisure può compromettere l’intero settore agro industriale del nostro paese”. L’appello di Crotti fa seguito ad una analoga azione di denuncia già avanzata da Confagricoltura e dalle principali filiere cerealicole.
“Sappiamo bene, ha scritto Crotti nella sua nota di denunzia a Beduschi, che le cause della crisi cerealicola non hanno soluzioni a livello regionale ma ci rivolgiamo a Lei, per il suo ruolo istituzionale, ma anche perché ha dimostrato in diverse occasioni il proprio impegno e la propria vicinanza al mondo agricolo. Siamo certi che si farà portavoce dei nostri problemi ai massimi livelli: la Lombardia è la Regione più agricola d’Italia e merita queste attenzioni”.
Il presidente di Confagricoltura Lombardia nella sua nota inviata all’assessore ha argomentato nel dettaglio la situazione del comparto. Eccone una sintesi.
Secondi dati Ismea del 2022, (ultime rivelazioni disponibili, ma con la premessa fatta si tratta di dati che potrebbero ancora peggiorare) abbiamo prodotto il 70% del grano duro che consumiamo, e solo il 35-36% del frumento tenero, e poco più del 40% di mais. Per quest’ultimo la questione è anche più annosa: sono almeno dieci anni che produciamo molto meno dei fabbisogni interni. Nel 2023 siamo scesi sotto la soglia psicologica dei 500mila ettari coltivati a mais.
Analizzando la questione prezzi, si osserva come le tre principali colture cerealicole – i frumenti duro e tenero ed il mais - che da sole contano per 2,4 milioni di ettari (praticamente un quinto della superficie agricola utilizzata in Italia), i prezzi medi nazionali all’origine di tali prodotti hanno visto dal 2022 in poi una costante parabola discendente, che ha portato i prezzi a livelli molto più contenuti, sino ai livelli particolarmente bassi odierni. Nello stesso periodo anche i costi di produzione sono calati ma non di pari passo attestandosi ancora a livelli elevati.
La produzione ed il commercio internazionale hanno manifestato grandi cambiamenti: cereali e semi oleosi hanno subito una drastica contrazione nella Ue. Fenomeno certificato dalla Fao, il cui specifico indice è diminuito mediamente di oltre il 22% tra febbraio 2024 e febbraio 2023.
La sospensione dei dazi e dei contingenti dall’Ucraina ha avuto l’effetto di raddoppiare le loro esportazioni nel giro di un anno: 7 miliardi di euro nel 2021 contro gli oltre 13 miliardi nel 2022. Trend che è continuato anche nel corso del 2023.
Emblematica la situazione del grano duro le cui quotazioni sono crollate a causa delle importazioni dalla Russia. Nei primi undici mesi del 2023 hanno raggiunto le 400mila tonnellate contro le sole 32mila nello stesso periodo del 2022.
Questa situazione comporta almeno due conseguenze, entrambe negative: da un lato gli agricoltori sono costretti a vendere sotto i costi di produzione e dismettono le colture cerealicole e dall’altro questo comporta il ricorso a sempre maggiori importazioni a costi internazionali, con una forte penalizzazione della bilancia dei pagamenti. Al punto che ci mangiamo i ricavi delle esportazioni dei prodotti trasformati con il costo delle materie prime, in questo caso cereali, che siamo costretti ad importare per produrle.
Conclude Crotti nella sua nota a Beduschi: “Come superare questa fase di crisi? Non vi è una unica ricetta è l’intera filiera che deve rispondere con la politica in prima fila. Si tratta di convertire questi sentimenti in azioni concrete. Qualche risultato sul piano europeo è già stato raggiunto ma occorre rendere strutturali linee politiche molto più concrete per rimettere al centro, attraverso la politica agricola, la produzione agricola e la sicurezza alimentare”.
Nella sua segnalazione ad alzare l’attenzione sulla crisi della cerealicoltura, Crotti è stato affiancato dalle specifiche sezioni economiche di Confagricoltura Lombardia e particolarmente da Cesare Soldi, presidente della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi e dei Maiscoltori italiani che ha delineato le prime e più importanti urgenze da risolvere per un effettivo rilancio della cerealicoltura nazionale. Ecco le principali priorità:
Scelte di impresa. Maggiore rispetto delle scelte imprenditoriali, della elasticità nei piani colturali, delle scelte di difesa fitosanitaria e di protezione da infestanti e malattie attraverso oculati interventi sulla PAC e la sua condizionalità o proseguendo nello stop alla proposta di regolamento sull’utilizzo dei prodotti fitosanitari
Commercio internazionale. Nel rapporto con Paesi Terzi rispetto all’UE promuovere il principio di reciprocità sia sugli standard di produzione sia sui mezzi di produzione, non accontentandosi di “certificazioni di carta”, facili da eludere. Prevedere meccanismi di salvaguardia all’interno di accordi bilaterali con Paesi terzi. In particolare cereali e semi oleosi vanno inseriti nella lista dei prodotti sensibili per quali è previsto un freno di emergenza nel caso di ulteriori aumenti delle importazioni dall’Ucraina.
Filiere. Vigilare sulle filiere sia per irrobustirle, sia per ottenere un’equa distribuzione del valore aggiunto anche verso il basso. In particolare, promuovere i contratti di filiera aumentando le dotazioni finanziarie per i diversi fondi (‘competitività di filiera’, ‘sovranità alimentare’, ecc.) superando i vincoli di pagamento in de minimis e i limiti di 50 ha per azienda.
Pagamenti accoppiati. Estendere al mais nelle prossime revisioni PAC la possibilità di accedere al pagamento accoppiato non appena vi saranno le condizioni per avviare una discussione su questo tema.
Ricerca pubblica. Proseguire a sostenere gli investimenti nella ricerca pubblica, su temi quali la carenza idrica e i cambiamenti climatici, esplorando ad esempio la direzione di piante più resilienti a tali estremi. A tal proposito speriamo che siano ben presto a disposizione degli agricoltori le nuove tecniche di miglioramento genetico, una volta chiarito il quadro normativo a livello europeo e nazionale. In tal senso si muove l’apertura di Regione Lombardia per avviare quanto prima la sperimentazione in campo di varietà NBT.
Carbon farming. Sostenere politiche a favore del ‘carbon farming’ e alle certificazioni di assorbimento del carbonio che possano contribuire attraverso appositi fondi ad integrare il reddito degli agricoltori.
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