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Maiscoltura
31.01.2024 - 14:56
Soldi, necessario un rilancio della maiscoltura nazionale con tecnologia e innovazione
La maiscoltura italiana è in sofferenza, insieme a tutta quella europea. La coltura principe per la nutrizione animale, ma anche per rese ed efficienza continua a perdere terreno nel vecchio continente ed è un processo che prosegue ormai da almeno una decina di anni. E’ questa la realtà emersa nel corso della 47^ edizione della Giornata del Mais tenutasi venerdì scorso a Bergamo a cura del locale Crea- Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali incentrata sul tema: “Mais, protagonista dell’agricoltura rigenerativa”.
Ha detto Dario Frisio dell’Università di Milano nel presentare un report sull’andamento della scorsa campagna maidicola: “Le superficie a mais lo scorso anno in Italia sono scese sotto i 500mila ettari ed è il minimo storico”. Dato che viene parzialmente compensato da un leggero aumento delle rese che sono salite a 107 quintali per ettaro. “Tuttavia il bilancio è negativo, ha ripreso Frisio, visto che lo scorso anno abbiamo coperto il nostro fabbisogno interno solo per il 41% e con quotazioni che hanno visto una forte discesa rispetto all’anno prima”. Le cose vanno leggermente meglio in Europa con un tasso di autoapprovvigionamento di circa il 70% con un aumento dell’import netto di 10 milioni di tonnellate. “Per il nostro paese, ha concluso Frisio, il costo dell’import del mais è pari al 138% dell’export di formaggi e salumi Dop e Igp; un bilancio complessivo in perdita”.
Nel corso della seguente tavola rotonda si è discusso di come rilanciare la coltura del mais in Italia per migliorare la bilancia dei pagamenti ma anche per aumentare il reddito della componente agricola. La ricerca e l’innovazione tecnologica ed il miglioramento delle tecniche colturali sono fondamentali. Ma per la prima le risorse scarseggiano come si è capito dall’intervento di Carmine Genovese del Ministero dell’Agricoltura.
Cesare Soldi, presidente della Libera e dei Maiscoltori, ha presentato la sua ricetta in cinque punti per migliorare produttività, sanità e reddito dei maiscoltori, lasciando poi a ricercatori, imprese e politici le vie migliori per la loro applicazione in campo. “Le innovazioni, oggi sono tante ma sono di fronte a dei limiti, sono poco diffuse o ancora occorrerebbe disporre di leggi e regolamenti che ancora non ci sono. Per questo occorrerà lavorare in ambito europeo e nazionale. Il tema principale è quello delle aflatossine che riguarda l’argomento più generale della sanità della coltura; è un tema prettamente italiano che interessa tutta la filiera. Altro argomento è il contrasto alla piralide. Anche in questo caso si tratta di argomento tutto italiano che limita sanità e produttività. Incidere su quest’ultima voce diventa fondamentale di fronte a prezzi del mais che sfiorano i costi di produzione ed una PAC decurtata. Per questo è necessario inoltre fare un salto quantico sulle rese ferme a dieci anni fa. La siccità e la selezione di varietà resistenti ad essa è uno degli argomenti che è diventato di maggiore attualità in relazione anche ai cambiamenti climatici. Come possiamo affrontarlo? Possono essere le Tea oppure l’utilizzo di spore fungine a consentirci di ampliare la resistenza alla siccità ed al miglioramento dell’assorbimento dell’acqua? Infine, una migliore efficienza della nutrizione della cultura è fondamentale; è necessario massimizzarla anche ai fini del contenimento dei costi. Sono cinque richieste che potrebbero dare risposta alla nostra redditività. Ma i tempi sono stretti, non ce n’è più molto davanti a noi, per poter migliorare il futuro della maiscoltura nazionale. La soluzione di questi problemi con l’impiego di tecnologie innovative e a costi accettabili, insieme ad una capillare azione di divulgazione ci potrebbe consentire di farle diventare pratiche comuni e largamente utilizzate dai maiscoltori”
In termini più generali, altre prospettive positive sono state presentate da Amedeo Reyneri, dell’Università di Torino ed uno dei maggiori esperti maidicoli, con l’applicazione dell’agricoltura rigenerativa: “Una agricoltura che si pone degli obiettivi di miglioramento delle prestazioni e di maggiore integrazione con suolo, ambiente più in generale e zootecnia, ma senza il ricorso a vincoli severi, ma che invece di avvale di moderne conoscenze e tecnologie e il mais da questo punto di vista ha tutte le carte in regola per essere competitivo”.
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