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LATTE
17.01.2024 - 12:50
Il 2024 parte ancora con dei grossi problemi per i produttori di latte. Al solito, riguardano il prezzo. Le attuali quotazioni del prezzo del latte spot si collocano ancora sui valori fatti registrare alla fine dello scorso anno: tra i 51 ed i 52 centesimi al litro. Il prezzo del latte alla stalla rimane a 48,5 centesimi al litro, mentre solo un anno fa era ben oltre i 60 centesimi. Non solo: il prezzo del latte alla stalla è abbondantemente sotto il valore medio dello scorso anno, che è stato di 52,5 centesimi al litro. Ne parliamo con Maurizio Roldi, presidente della Sezione latte di Confagricoltura Lombardia, oltre che della Op MondoLatte. «In effetti la situazione - afferma Roldi -, si trascina dalla fine dello scorso anno, quando la trattativa per il rinnovo del prezzo del latte ha subito una sorta di stallo. Le nostre richieste di abbandonare il ricorso al sistema di indicizzazione in essere sono state rifiutate dall’industria, e abbiamo dovuto accettare un ritocco dell’algoritmo che produce l’indice da cui scaturisce il prezzo del latte alla stalla. Il risultato è stato un ridimensionamento del prezzo che di certo non ci soddisfa. Le ripercussioni le stiamo subendo ancora oggi, con l’aggravante che si tende a giustificare l’attuale quotazione come un effetto della diminuzione dei costi di produzione. Costi che sono effettivamente diminuiti, ma molto meno di quanto ci si sarebbe potuto aspettare. La conseguenza è una forte tensione sui bilanci delle aziende agricole da latte». Alla luce di questa situazione, i produttori si chiedono come si prospetta il 2024. Domanda a cui non è semplice dare una risposta, che può solo essere articolata e complessa. «Ci sono una serie di variabili da considerare», precisa Roldi. «Infatti il comparto del latte e dei suoi derivati - in complesso - ha chiuso piuttosto bene lo scorso anno; come testimoniano i bilanci delle due principali Dop del lattiero caseario (Grana Padano e Parmigiano Reggiano) appena approvati nelle rispettive assemblee pre natalizie. Con una prevalenza del Grana sul Parmigiano. Sulla stessa lunghezza d’onda sembrano essere le industrie e latterie private aderenti ad Assolatte, alcune delle quali - quelle di maggiori dimensioni - continuano nei piani di espansione e di acquisizione di latterie e caseifici. Dunque i derivati, in particolare i prodotti IG, ‘tirano’ e fanno fare buoni bilanci ai trasformatori; mentre non si può dire lo stesso per i produttori di materia prima». Stesse indicazioni, se non addirittura più ottimistiche, arrivano dai dati dell’export dell’agro alimentare nazionale presentati dall’ultimo rapporto Ismea-Qualivita, del quale parliamo in modo specifico all’interno del giornale. Cercando di trovare qualche elemento in più per capire il mercato ed il suo futuro, si può dare un’occhiata alla situazione del Vecchio Continente. In Europa la produzione di latte è - da qualche tempo - in leggera contrazione, soprattutto in alcuni tra i Paesi principali produttori come Francia e Germania. Nell’Unione Europea la produzione di latte nel periodo novembre ’22 – ottobre ’23 è stata di 145 milioni di tonnellate, con una diminuzione di 193mila tonnellate rispetto al periodo ottobre ’22 – settembre ’23, quindi relativa ad un solo mese: quello di ottobre ’23. In controtendenza l’Italia, le cui produzioni sono trainate dal buon andamento dei prodotti Dop derivati, e che mantiene lo stesso livello produttivo. Ma la minore disponibilità di prodotto non ha determinato un aumento del prezzo. «Probabilmente è l’effetto dell’inflazione degli ultimi 12- 16 mesi, che ha ridotto il potere d’acquisto del consumatore medio, ad avere ‘depresso’ gli acquisti. Ora il tasso inflattivo sta rallentando; vedremo a breve se questo fattore si ripercuoterà sui consumi. Un dato di fatto, però, è certo: il prezzo del latte al consumo è schizzato in alto, ben sopra gli 1,5 euro al litro, ma anche oltre: 1,7-1,8 e a volte perfino 2 euro. Forse sono questi i livelli giusti per il prezzo del latte al consumo. Ma se è così, è necessario adeguare il prezzo del latte alla stalla , che viene retribuito ancora come quando al supermercato il latte costava 1,2-1,3 euro al litro. E poi vi è da fare un’altra considerazione: si mantiene troppo larga (e probabilmente tende ad aumentare) la forbice tra la remunerazione del latte destinato ai prodotti tipici e quella del latte destinato all’industria alimentare. Una situazione che discrimina i produttori». Infine Roldi segnala un altro fenomeno preoccupante a livello di produttori: il continuo calo del numero delle aziende che producono latte. Un segnale evidente del fatto che la remuneratività è ai limiti o anche al di sotto della linea di pareggio, a seconda delle aree. Ad esempio in Trentino, dove le stalle sono di minori dimensioni e dislocate sul territorio, il Consorzio Trentingrana segnala la chiusura di una trentina di realtà a causa dei costi insostenibili di raccolta del latte. Segnali dei quali bisogna tenere conto.
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