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Emergenza PSA
29.08.2023 - 16:14
La PSA è in allevamento. Massima attenzione dagli allevatori ed addetti ai lavori. Nessun rischio per l'uomo.
“Se è vero che occorre combattere contro la diffusione dei cinghiali, principale veicolo del virus della PSA, ha detto l’assessore all’agricoltura lombardo, Alessandro Beduschi, oggi dobbiamo essere consapevoli che bisogna guardare dalla presenza del virus nei suini”. E questo è grave: il virus è entrato in allevamento.
Il tema della PSA, mai così attuale come in questo momento, ha tenuto banco nell’incontro organizzato ieri da Confagricoltura Lombardia nella sala consiliare del comune di Corteleone e Genzona, in provincia di Pavia, la prima provincia lombarda in cui è comparsa la Psa nei suini. Ed è stata una comparsa da protagonista visto che è stata annunciata, praticamente in diretta, la scoperta di un terzo caso in un allevamento di suini, a breve distanza da dove era stato trovato il secondo, solo pochi giorni fa. A sottolineare la gravità del tema e la preoccupazione degli allevatori, oltre a quelli presenti in sala, il collegamento in streaming ha fatto registrare ben 400 presenze.
L’incontro è stato introdotto da Davide Berta, presidente della Sezione suini di Confagricoltura Lombardia e dal presidente della stessa, Riccardo Crotti che hanno ricordato la grave problematica che si è aperta per la suinicoltura di fronte al dilagare del virus e che ha portato alla realizzazione di questo incontro. Presenti l’assessore lombardo all’agricoltura Beduschi, il responsabile dell’Unità organizzativa veterinaria di Regione Lombardia, Marco Farioli ed il presidente della Sezione Nazionale Suini di Confagricoltura, Rudy Milani, che di fatto ha gestito l’incontro da moderatore raccogliendo dubbi e domande dalla sala e dalla chat per girarle ai diretti interessati. I quali hanno fornito risposte specifiche su come gestire l’emergenza. Termine che è stato usato molto a proposito.
Ma il dito sulla piaga è stato messo subito in apertura ancora dallo stesso Beduschi: “E’ una riunione che non avremmo mai voluto fare ma è doverosa perché la situazione sta prendendo una brutta piega. Questo virus ci ricorda la questione del Covid per la rapidità con cui si diffonde; occorre prendere delle misure restrittive, noi stiamo facendo la nostra parte, ma ci vuole un atteggiamento responsabile da parte di tutti. Coordinamento anche con i cacciatori, non escludo l’intervento della protezione civile e dell’esercito. Ma soprattutto gli allevatori. Siamo già in contatto con il Ministero e con il Commissario Caputo con i quali è già prevista un primo incontro a brevissimo”.
A seguire Marco Farioli ha sinteticamente riepilogato la situazione venutasi a creare proprio nel pavese: “Stiamo organizzando i controlli e tutto il sistema veterinario della Regione è mobilitato. Per il primo caso trovato a Pavia posso dire che l’allevamento era ben dotato dal punto dio vista della biosicurezza per cui ci sentiamo di escludere il passaggio del virus tramite un contatto diretto tra cinghiali e suini in allevamento. E’ molto probabile si sia trattato di una contaminazione attraverso mezzi o persone che avevano accesso all’allevamento. Per gli altri due casi le ricerche sono in corso, ma va detto subito che il secondo caso è venuto alla luce con grave ritardo. E’ stato grandemente sottovalutato un abnorme numero di morti in allevamento, circa quattrocento in pochi giorni”.
Da questo punto di vista si appurerà se ci saranno delle responsabilità di mancata o tardiva segnalazione da parte dell’allevatore e del veterinario. L’episodio ha dato lo spunto per ricordare a tutti di segnalare con la massima tempestività la presenza di casi sospetti di mortalità in allevamento. Cosa che si sta già verificando.
La giornata si è conclusa con la spiegazione da parte di Farioli e di Milani delle modalità operative relative alla gestione dell’emergenza: dalla delimitazione delle zone di protezione e sorveglianza, alla limitazione dello spostamento degli animali al macello, alla gestione di paglia e liquami, agli indennizzi e sui tempi di durata della crisi che non potrà essere inferiore ai trenta giorni, sempre che, malauguratamente non emergano altri casi.
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