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Speciale Fauna Selvatica
07.07.2023 - 14:50
Lupi
VARESE. La situazione attuale relativa alla presenza del lupo in Italia, in particolare in tutto l’arco alpino e prealpino, in questi ultimi anni è diventata ormai evidente soprattutto considerando i numerosi attacchi negli allevamenti e nei pascoli di montagna e di collina.
Sul passato e sulla presenza del lupo nel territorio varesino, molto interessante ed approfondito è lo studio del Dott. Colaone scritto per l’Ambito Territoriale Ecosistemico (ATE) Insubria-Olona, nel quale si esamina l’evoluzione della presenza del lupo dal ‘500 fino a metà ‘800, quando scomparve definitivamente nell’area esaminata. Nei molti riferimenti storici Colaone si sofferma anche sull’antropofagia dei lupi. Il lupo infatti fino a due secoli orsono attaccava prevalentemente selvaggina; successivamente con l’espandersi dell’allevamento iniziò ad attaccare bestiame al pascolo. Nell’800 era uso lasciare gli animali in custodia al pascolo ai ragazzini e ai bambini che purtroppo venivano attaccati dai lupi: una situazione che divenne insopportabile. Da qui la decisione delle autorità di abbattere tutti i lupi (nel settembre 1815 il prefetto di Como indisse l’ultima caccia generale al lupo), con gli ultimi esemplari abbattuti tra il 1826 e il 1838.
Di recente invece vanno in primis citati alcuni dati emersi dalla ricerca sviluppata dall’ISPRA durata quasi due anni, nel periodo 2020-2021, con 3.000 fra enti e persone (20 parchi nazionali e regionali, 19 regioni e province autonome, 10 università e musei, 504 reparti di carabinieri forestali e 1.500 volontari di associazioni varie) coinvolti nella ricerca. Nella campagna di campionamento sono stati percorsi a piedi 85.000 km e sono stati raccolti 24.490 segni di presenza della specie: 6520 avvistamenti fotografici da fototrappola, 491 carcasse di ungulato predate dal lupo, 1.310 tracce di lupo, 171 lupi morti. Su 1.500 escrementi, dei 16.000 registrati, sono state condotte analisi genetiche che hanno permesso l’identificazione della specie. Dalla ricerca particolarmente minuziosa condotta nel maggio 2022 risultano a livello nazionale 3.350 lupi, dei quali 950 nelle regioni alpine (41.600 km2) e 2.400 distribuiti nell’Italia peninsulare (appenino, centro e sud, per 108.500 km2). Un numero notevole se si pensa che, da stime eseguite negli anni passati, a livello nazionale i lupi negli anni ‘70 erano poco più di un centinaio. «Iniziando da questo dato di fatto – spiega Franco Zunino segretario generale dell’Associazione italiana wilderness – partendo dai 100 lupi stimati nel 1970, per ragioni biologiche dobbiamo presupporre che essi fossero formati da piccoli branchi di 2 o 3, forse anche 4 o 5 individui, quindi con un maggior numero di femmine adulte in grado di riprodursi. Per tenerci larghi e considerare una media durevole negli anni, partiamo dal dato di solo 10 branchi formati ognuno da 10 individui, con una femmina fattrice per ogni branco. Per quanto riguarda le nascite, le sottostimiamo a soli 4 cuccioli per femmina, anche se di norma si parla di 4-6 cuccioli. Per quanto concerne la mortalità, la stimiamo complessiva del 30% sul totale della popolazione».
Aldilà delle stime di Zunino è comunque evidente che l’aumento del numero dei lupi in Italia è stato ed è importante anche per un aumento conseguenziale degli attacchi che si sono verificati negli ultimi mesi. Le vicende attuali purtroppo ci avvicinano a un pericolo vero e sempre più ripetitivo. Gli allevatori continuano a protestare e a fornire testimonianze di attacchi. Quasi nessuno ha parlato o scritto della giornata del 9 ottobre 2022 quando, alle ore 12 in punto, in tutta Italia molti allevatori hanno portato i loro animali nelle piazze di molti comuni d’Italia con campanacci al collo per una azione di protesta contro il disinteresse del governo per la presenza e l'espansione dei lupi sulle montagne e ormai anche in pianura. Intanto i difensori “a spada tratta” della presenza del lupo sostengono che i danneggiati sono esagerati e che la convivenza con il lupo è normale. Tuttavia recentemente il governo svedese ha ordinato di ridurre a metà il numero dei lupi con intervento diretto dei cacciatori, mentre in Svizzera molti allevatori hanno già abbandonato i pascoli alpini e non per la siccità come alcuni sostengono.
In Europa finalmente, con risoluzione del 24 novembre 2022 sulla protezione dell'allevamento e dei grandi carnivori in Europa, il parlamento Ue ha votato sì alla modifica dello status dell'animale selvatico. Precisa la risoluzione: “Va modificato lo status del carnivoro per aiutare a proteggere il bestiame e per facilitare il risarcimento dei danni causati agli allevatori dai grandi predatori”.
Brusa: «Giusto ci sia spazio anche per loro, ma è nostro dovere tutelare al massimo le aziende agricole»
«C’è chi sostiene – spiega Giacomo Brusa, presidente di Confagricoltura Varese – che sarebbe sufficiente recintare i pascoli, dimenticando che vi sono aree dove la pendenza e la roccia non lo consentono. E poi a cosa servono le recinzioni se il lupo è in grado di saltare reti di due metri e più d’altezza, oppure di scavare al di sotto di quelle elettrificate?». «Come Confagricoltura Varese ci teniamo a precisare – prosegue Brusa – che agricoltori e allevatori non sono contro i lupi. È giusto che ci sia spazio vitale anche per loro, ma è urgente e necessario provvedere ad un drastico contenimento di questi predatori onde evitare l’abbandono delle aree rurali alpine e prealpine, e ulteriori attacchi a allevatori, cacciatori, escursionisti e turisti, situazioni che creerebbero un danno notevole non solo per gli allevatori, ma per tutto il sistema montagna e collina».
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