Cerca

L' ANALISI

Angurie, la nuova 'domanda'

Si modificano le pezzature della produzione provinciale: due tipologie ben distinte

Angurie, la nuova 'domanda'

Angurie

Il mercato chiama, i produttori rispondono.

Questa la legge non scritta che, da qualche anno a questa parte, regola la produzione di angurie nella provincia di Mantova, che con i suoi 3.650 ettari in serra (seconda in Lombardia) e i suoi 1.143 ettari in piena aria (leader in regione) è ai vertici nazionali.

Ma com’è cambiata la pezzatura delle angurie negli ultimi anni?

A spiegarlo sono gli imprenditori agricoli di Confagricoltura Mantova, che regolano le semine di anno in anno: «Negli ultimi tempi, il mercato – spiega Cristiano Lorenzini, di Lorenzini Naturamica, che coltiva 70ha di angurie tra Sermide e la Sicilia – si è diviso in due parti ben distinte. Da una parte l’anguria da fette, quella grossa tonda o ovale, che va benissimo per le riviere, sia adriatica che tirrenica, e per i loro banchetti o negozi. Dall’altro lato invece c’è la grande distribuzione organizzata, che predilige un cocomero che non superi i 10 chilogrammi, assestandosi su una taglia media tra i 4 e i 6 chili». Una tendenza, quest’ultima, che Lorenzini ha sposato in pieno: «Assieme ad altre tre realtà facciamo parte del consorzio ‘Dolce Passione’, che coltiva e promuove un cocomero a buccia nera di taglia media e senza semi, perfetto per tutti i consumatori».

Due varietà in campo invece per Massimo Merighi, che sempre nella zona di Sermide coltiva 3ha di anguria bio: «Produco Top Gun (frutto tondo-ovale, dal peso superiore ai 10 kg, ndr) e C-Zero (più piccola e senza semi, ndr). Quest’ultima è adatta per un consumatore più di nicchia, specialmente pensionati, single o famiglie poco numerose, che farebbero fatica a conservare e smaltire un’anguria più grande. Sulla riviera adriatica o tirrenica invece quelle grandi si piazzano molto bene, con un guadagno buono per chi le produce e, soprattutto, per chi le vende a fette».

Per tutto il settore si registrano problemi per quanto riguarda l’andamento climatico: «Qui abbiamo terreni argillosi – prosegue Merighi – e l’acqua dunque defluisce più lentamente. Dove c’è stato ristagno abbiamo avuto problemi di asfissia e di malattie fungine, che causeranno un calo produttivo, soprattutto nei trapianti precoci». «L’anguria se vogliamo è ancora più delicata del melone – spiega Lorenzini – per cui l’acqua e, in certe zone, la grandine, non hanno di certo aiutato, causando forti ritardi nei primi trapianti. Stimiamo anche noi un calo di produzione».

Commenta scrivi/Scopri i commenti